venerdì 22 febbraio 2013

Ripartiamo con SEL


Domenica 24 e lunedi 25 febbraio si consuma nelle urne l’epilogo della Seconda Repubblica.
E’ durata venti, durissimi anni, scossi da scandali e corrosi dal malaffare, persi ad inseguire un uomo e le sue ossessioni, e ci ha lasciato in eredità un paese impoverito, gonfio di diseguaglianze, lontanissimo dalla civiltà dei diritti europea, dove un lavoro precarizzato e umiliato fa da contraltare ad un’imprenditoria in piena crisi.
Hanno vinto le rendite e le zone d’ombra, la finanza opaca, l’evasione fiscale nutrita da condoni e compiacenze, l’illegalità fatta sistema.
Ma noi non abbiamo perso, perchè abbiamo saputo resistere e coltivare la speranza nelle tante lotte che hanno attraversato il paese, nella memoria dei nostri vecchi partigiani, nei movimenti sociali e ambientalisti, nei referendum che ancora cercano rispetto, nella solidità della nostra Costituzione e delle nostre malconce istituzioni.
Oggi quindi siamo qui, a chiedere al paese un atto estremo di fiducia nelle proprie forze e quindi nel centrosinistra.
Ci assumiamo una grande responsabilità, perchè ciò che chiediamo è di superare la rassegnazione, lo scetticismo, la rabbia, il rancore, potendo promettere in cambio solo il nostro impegno e le nostre facce, in un’Italia appesa a un filo.
Eppure lo facciamo, perchè non possiamo arrenderci all’idea che dopo Berlusconi possa esserci Berlusconi, nè che il nostro destino sia l’eterna palude della politica nazionale.
Lo facciamo perchè chi oggi riempie le piazze recitando la parte antica dello sdegno contro il potere e facili soluzioni ad ogni male promette il cambiamento, ma è solo il ringhio del gattopardo poi pronto ad ogni mansuetudine. Chiedere a Parma se si avesse qualche dubbio.
Lo facciamo perchè crediamo nell’Italia e nell’Europa, non ci arrendiamo allo sfascio, nè alla retorica del fallimento che lascia tutti indenni da ogni responsabilità.
Chiediamo un voto determinante e intelligente, ma anche utile, perchè non c’è nulla di cui vergognarsi nell’ammettere che oggi i voti sono tutti uguali, ma domani saranno differenti i risultati che quei voti produrranno, e una sinistra forte al governo del paese è diversa da una debole nell’angolo dell’opposizione.
Vogliamo governare, perchè ci sono momenti nella storia in cui tutto cambia e non è indifferente chi abbia il timone nelle mani.
L’Europa è a un bivio, fra un egoismo rigorista che la porterà alla dissoluzione e la possibilità che si affermi nuovamente il sogno degli Stati Uniti d’Europa, fondati sui valori costituenti della solidarietà e del lavoro.
L’Italia può essere determinante per indirizzarla dall’una o dall’altra parte e chiamarci fuori da questa contesa sarebbe un errore fatale.
Ognuno di noi può scegliere da che parte stare, ma ha il dovere di farlo con lucidità e lo sguardo al futuro, perchè se ci si limita a girare gli occhi sullo spettacolo osceno del presente tutto può sembrare perduto.
Tutto è invece nelle nostre mani, nelle nostre parole, nelle decisioni apparentemente banali che prenderemo in questi giorni di fine febbraio.

domenica 3 febbraio 2013

#propostasciocc. Non gli crederà nessuno?


L’ultima volta pareggiò le elezioni promettendo l’abolizione dell’ICI, stavolta rilancia, e arriva alla restituzione dell’IMU già pagata.
L’ultima volta dissero tutti che era una follia, e in effetti tale si dimostrò, stavolta tutti ripetono lo stesso, e chissà che non siano più convincenti.
Rimane però nell’aria un dubbio che sembra figlio di un’allucinazione: perchè non dovrebbero credergli?
Troppo sputtanato dicono, non ha mai mantenuto una promessa, è un truffatore manifesto.
Tutto vero, e sei quasi tentato di pensare che gli italiani in fondo l’avranno capita, anche se poi guardi i sondaggi e non dicono proprio questo.
Allora ripensi a questo inizio di campagna elettorale.
Ieri un tale ha raccolto una piccola folla sotto la pioggia battente a Bologna, la rossa, la colta, la civile Bologna, e fra un tripudio di grida e applausi ha chiamato i terroristi a bombardare il Parlamento italiano. E’ il leader del terzo partito italiano e promette, tra l’altro, di dare 1000 euro ad ogni disoccupato trovando i soldi nelle tasche di 1000 parlamentari.
Un altro si candida a Presidente della più ricca, europea e popolosa regione italiana, pare con sufficienti probabilità di successo. Era ministro dell’interno mentre il tesoriere del suo partito riciclava denaro pubblico in Tanzania e il figlio del boss inventava diplomi all’estero. Tra le altre cose, promette da trent’anni la secessione del Nord, e giura che questa sarà la volta buona.
Su altre sponde troviamo un magistrato che è riuscito nell’impresa di mettere in cassaforte le conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, lasciare la magistratura italiana per quella guatemalteca, tornare e candidarsi a leader di un assemblaggio provvisorio di comunisti di varia estrazione, ambientalisti quasi estinti, giustizialisti della prima e dell’ultima ora, frammenti di società civile. Tutto in tre mesi, e pare che per qualcuno questa sia l’ultima speranza della sinistra italiana.
Resta qualcuno?
A pensarci bene si. Uno è il Presidente del Consiglio in carica e guida una coalizione di ispirazione cattolica e liberale. Ha governato un anno, con l’obiettivo di stabilizzare i conti pubblici e uscire dalla tempesta finanziaria. Ha ottenuto qualche risultato, scaricandone tutti i costi sui ceti medio e medio-basso. Ora vorrebbe fare di più in quella direzione.
L’altra è la coalizione di centrosinistra. Ne fanno parte un partito grande e incerto e uno molto più piccolo, senza dubbio di sinistra. Dicono tutti che vincerà e lo dicono da tempo. Ha un leader scelto da milioni di persone con le primarie, candidati selezionati con lo stesso metodo, un programma chiaro e semplice, relazioni, esperienza e carica di cambiamento.
Vi aspettate che il vero scontro elettorale sia tra questi ultimi due? Sono d’accordo, se non fosse che ogni giorno apro il giornale e scopro che tra questi due dovrebbe esserci un imprecisato accordo.
Questo è il quadro. Quindi siamo sicuri che non gli crederà nessuno?

PS: quel partito di sinistra nella coalizione di centrosinistra si chiama SEL. Molti ne parlano e tutti lo attaccano, perchè è la scheggia sana che può bloccare nel punto corretto questa scena impazzita. Vale la pena pensarci.

venerdì 1 febbraio 2013

A Ravenna licenziano e riassumono. Salario -30%


Non ci voleva poi molto a capire che inseguire la Cina sul piano dei diritti e del costo del lavoro avrebbe portato la Cina in Italia.
Non in termini di tassi di crescita naturalmente, ma di progressiva perdita di investimenti e quindi di produttività e capacità di generare valore aggiunto.
Le destre italiane, tecniche e politiche, hanno infatti deciso di affrontare il tema della competizione globale non attraverso la pressione su ricerca e innovazione, formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, internazionalizzazione del sistema produttivo nel suo complesso, come sarebbe stato proprio di un paese ad economia avanzata, ma al contrario puntando sulla riduzione dei costi, e quindi su produzioni progressivamente depauperate, sulla demolizione del welfare e del sistema pubblico di istruzione, sullo spostamento della riproduzione della ricchezza nella rendita e nella speculazione.
Sono partito da qui perchè altrimenti non è possibile comprendere come siano possibili ordinarie storie di dumping interno, causate da un complesso normativo fondato sull’idea che debba sempre essere possibile ricattare il mondo del lavoro per ridurne aspettative e capacità di difesa dei propri diritti e livelli retributivi.
Fa parte di questo complesso normativo la legge 30, che moltiplica all’infinito le tipologie contrattuali e individualizza di fatto il rapporto di lavoro, l’assenza di democrazia sindacale nei luoghi di lavoro, che unita all’art.8 rende sempre possibili erga omnes contratti peggiorativi, il limite storico al diritto di rappresentanza sindacale e la divisione fra aziende sopra e sotto i 15 dipendenti, la Bossi-Fini, che determina un esercito di lavoratori in nero sottoposti al peggiore dei ricatti, e ora la modifica dell’articolo 18, e via così avanzando in un elenco infinito, alimentato dalla crisi in corso.
Per questo noi proponiamo di limitare le forme contrattuali e il numero dei contratti nazionali di lavoro, di abrogare l’art.8 e la riforma dell’articolo 18, della legge 30 e della Bossi-Fini, di introdurre un reddito minimo garantito per tutte e tutti, di portare e riportare i diritti sindacali in tutte le realtà produttive, comprese quelle medio-piccole.
Perchè riteniamo che la contrazione dei salari comporti una riduzione della domanda interna, e quindi contribuisca ad avvitare la crisi su se stessa, che un mondo del lavoro senza voce e diritti sia un pericolo per lo stato della democrazia, ma anche un handicap di medio periodo per lo stesso sistema produttivo, che l’impresa resa libera di inseguire i peggiori spiriti animali del mercato guadagni vantaggi effimeri che si traducono presto in disastri complessivi.
Quando parliamo di cambiamento del paese intendiamo soprattutto questo, e quando parliamo di sinistra di governo intendiamo che il nostro tempo deve essere questo, perchè altri 5 anni di Berlusconi o Monti non possiamo permetterceli.
Poi sono pronto a continuare la discussione.
Resta inteso, in conclusione, che il mio giudizio su Sani 2000, che rincorre al ribasso il costo del lavoro, dopo aver avuto nel nostro territorio la possibilità di realizzare un intervento immobiliare di una certa dimensione, che l’ha poi portata al monopolio del cinema cittadino, è uguale all’altro che la riguarda per le politiche tariffarie. Inqualificabile.